Prima del parto, nel ventre di nostra madre

Scritto da Dario Urzi il 15 nov., 2009, su Senza categoria

“Il parto e tutto ciò che accade in quei mesi che precedono la nascita, segna il cammino che percorreremo nella nostra vita. Ogni avvenimento, ogni comportamento dei nostri genitori e delle persone vicine ha un senso che comprenderemo solamente quando la nostra consapevolezza si risveglierà. La percezione di chi siamo e di che cosa possiamo aspettarci dal mondo nel quale stiamo entrando si registra mentre stiamo vivendo quelle esperienze. Sono percezioni, quelle esperienze vissute, che non possiamo certo ancora chiamare idee, sono un profondo sentire che verrà poi tradotto e fissato in idee ed emozioni. L’ego, l’idea di chi siamo, comincia proprio a originarsi da quelle primissime esperienze”. (da “Essere nel Presente” di Marina Borruso)

Ma qualcosa mi permetto di aggiungere a queste vive, potenti e illuminanti parole di Marina Borruso.

Noi tutti pensiamo che il nostro nome e il nostro cognome, Dario Urzi, il vostro nome come il mio, ci siano stati dati nel giorno in cui siamo nati. Ma il nostro nome e il nostro cognome, un’identità e una storia a cui appartenere, esistevano già, ben prima della nostra nascita. 

Prima del parto, quando stavamo vivendo e crescendo ancora custoditi nel ventre di nostra madre, eravamo già nati. Noi tutti siamo nati da un atto d’amore, dall’intima unione tra un uomo che è diventato nostro padre ed una donna che è diventata nostra madre, ed esistiamo sin dal primo giorno del nostro concepimento nell’impercettibile palpito di quella materia ancor priva di forma ma già piena di vita.

Sin da quel primo giorno abbiamo iniziato a crescere nel ventre di nostra madre come sua intima parte, nutrendoci non solo del suo sangue e di tutto ciò che il suo fluire generosamente trasportava ma anche del suo respiro, del battito del suo cuore, di ogni sua sensazione, di ogni sua emozione e di ogni suo gesto. Attraverso il vivere ed il sentire ogni cosa da parte di nostra madre abbiamo iniziato a percepire, già molto prima di nascere, delle emozioni e delle sensazioni, e forse anche un’immagine, di quel mondo che la fuori ci stava aspettando e di quelle persone che avremmo poi incontrato.

Di che cosa ci parlava infatti nostra madre, pur senza che le sue parole avessero per noi un senso se non nel suono della sua voce, quando ci trasmetteva la sua tranquillità o la sua inquietudine, il suo benessere o la sua sofferenza, la sua felicità o il suo dolore, la sua gioiosa accoglienza o l’indifferenza ed il rifiuto? Di che cosa ci parlava se non di se stessa e di tutte le persone e le cose che aveva incontrato nella sua vita, se non di se stessa e di quel mondo in cui lei ora stava vivendo?

Di tutto questo ci parlava, e di molto altro ancora.

Poco importa se in quel tempo non esisteva per noi la possibilità di avere una “percezione cosciente” di quelle sensazioni e di quelle emozioni perché, sebbene ancora immersi nell’acqua di quel caldo ventre che ci proteggeva dalla luce più intensa ed ovattava ogni suono ed ogni rumore, potevamo comunque sentire ed avere memoria.

Le emozioni di nostra madre erano le nostre emozioni, che facevano accelerare il battito del suo cuore come del nostro, sensazioni ed emozioni che ci facevano sobbalzare, che ci facevano stringere i pugni e contrarre le membra o rilassare completamente in una condizione di estasi e di serenità immensa, con il viso disteso e le labbra allungate in un sorriso.
Perché non ascoltare tutto questo nel nostro corpo con la consapevolezza che siamo tutt’ora fatti di quelle emozioni e di quelle esperienze, che con quelle emozioni ed esperienze non solo siamo nati e cresciuti ma abbiamo costruito la nostra personalità e il nostro senso di identità?

Nella nostra vita tutto questo molte volte corrisponde ad una cosa sola: il nostro star male. Siamo stati male da piccoli, abbiamo avuto diverse malattie, poi le abbiamo superata e siamo diventati grandi. Ma col tempo si sono ripresentati i vecchi problemi, magari in forma diversa, sotto forma di nuovi malesseri o di nuove malattie.

Il nostro corpo ci parla continuamente di tutto questo, basta ascoltarlo.

Ma non è facile ed è spesso doloroso ascoltare e credere a quanto il nostro corpo ci dice, nella particolare forma del suo linguaggio, su tutto ciò che ci è accaduto e che tuttora ci accade. Quando il nostro corpo ci parla di traumi lontani, di dolori e sofferenze che non ricordiamo, di problemi irrisolti, di antichi conflitti che ancora sono vivi e presenti, di vecchi e nuovi squilibri, del suo star male, il nostro corpo non mente. I segni e i sintomi del suo star male sono evidenti e indubitabili. Il nostro corpo non mente.

La lettura che la nostra mente razionale fa di questi messaggi è spesso sbrigativa e superficiale: si tratta di disturbi accidentali, di malattie del corpo o, come si suole spesso dire, di somatizzazioni. Ma queste sono solo parole, sono solo un giudizio, il punto di vista della mente pensante e calcolante, accettabile e condivisibile allo stesso modo delle tante diverse diagnosi (talora giuste, talora sbagliate, ma tutte “scientificamente fondate”) che ci sentiamo formulare nei confronti di un determinato disturbo o di una determinata malattia. Ma di fronte a queste interpretazioni e a queste “spiegazioni” c’è qualcosa che spesso non ci convince, qualcosa di meno visibile e di più “originario”, qualcosa che sentiamo non si possa ridurre ad una “causa” precisa e che rimanda ad un senso più nascosto e profondo del nostro star male.

A questo punto ci può giungere in aiuto, ancora una volta, il potere della domanda.

Da cosa trae origine il nostro star male, da quale antica sofferenza o da quale conflitto non risolto trae origine? Con che cosa continua ad alimentarsi il nostro continuo star male? E a che cosa può servirci, il nostro star male? Non si tratta forse di un doloroso e talora estremo tentativo di trovare una strada per superare un lacerante conflitto che ancora ci trasciniamo di peso sulle spalle, di un doloroso, brutale e minaccioso avvertimento, talora di un ultimatum, che ci implora a trovare al più presto una soluzione capace di dare un senso concreto ed autentico alla nostra esistenza?

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