Tag: Buddhismo

Il vuoto e l’onnipotenza del possibile

Scritto da admin il 19 dic, 2009, su GOOD LIFE LAB, Terapia dello Stress

cornice delle possibilità

Desidero riproporre questo post, scritto da Samantha nel luglio di quest’anno dopo che io e lei avevamo a lungo parlato ed esplorato il “vuoto” dentro e fuori di noi, con alcune piccole integrazioni che, a sei mesi di distanza, mi sento di introdurre mantenendo inalterata la sua struttura e l’intenzione che lo anima. (Dario Urzi). 

 

Sulla mia scrivania tengo una cornice con un biglietto fatto con il cartoncino. E’ piegato in tre parti e si apre e si chiude come una finestra. Quando le due ali laterali sono chiuse si legge la parola ”vuoto”. Quando sono aperte si legge invece: ”Qui tutto è possibile”.

Il concetto di vuoto è un concetto di non facile e immediata comprensione. Nella tradizione filosofica occidentale il vuoto è pensato, con Parmenide, come il non-essere, come il nulla assoluto. Nel  buddhismo e nel taoismo il “wu”, ovvero il vuoto, indica invece un’assenza determinata, un vuoto determinato, in altre parole “ciò che, in qualche cosa, non c’è”. Sul piano della neurofisiologia della percezione il vuoto è un problema irrisolto, qualcosa che non si riesce a spiegare dato che non si da ragione del fatto che si possa “sentire” qualcosa che non c’è, il non- esserci di qualche cosa. 

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Riconoscere gli attaccamenti che fanno soffrire

Scritto da admin il 06 set, 2009, su GOOD LIFE LAB

Non essere schiavo del passato, tuffati nei mari sublimi, affonda nelle profondità e nuota lontano così da ritornare rispettando te stesso, con un nuovo potere, con un’esperienza progredita, che spiegherà e supererà il vecchio. (Ralph Waldo Emerson)

Per fluire liberamente con il non attaccamento non bisogna confondere il distacco con l’indifferenza. Distacco non vuol dire pensare: <<quella persona può parlare o agire così e per me è la stessa cosa>>. Significa essere distaccati dal nostro desiderio di rimanere attaccati alle cose, senza rimanere vittime della passione per alcuni oggetti, alcune persone, alcune cose, in particolare. La questione è se siamo disposti o meno a metterci in sintonia con tale fenomeno, servendocene nella vita quotidiana.

Il non attaccamento porta alla liberazione dalla sofferenza. Se non ci attacchiamo più a nulla, tutte le nostre paure, i nostri problemi, le nostre ansie, le nostre paure, svaniscono come neve al sole.

La sofferenza, indipendentemente dalla forma che assume, è causata dalla mente, da una mente che insiste nell’avere preferenze, e che non vuole permettere agli altri di essere come sono.

La sofferenza deriva dall’attaccamento a una situazione diversa da quella che c’è : dal desiderio di qualcosa che non abbiamo o dall’avversione a qualcosa che si ha.

Nel buddhismo, la sofferenza deriva dalla separazione da ciò che si ama o dall’unione con ciò che si odia. L’illuminazione consiste nella consapevolezza che le cose e le persone cambiano continuamente e sono tutte collegate fra loro e quindi nello sviluppo del non attaccamento.

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Comprendere la natura dolorosa dell’esistenza

Scritto da admin il 21 ago, 2009, su GOOD LIFE LAB

Qualunque cosa mi accada non devo disturbare la mia felicità mentale; se sono reso infelice, non potrò realizzare quanto desidero e le mie virtù tramonteranno. (Shantideva)

Dalai Lama ci insegna che la riflessione sulla sofferenza è molto importante perché esiste una via d’uscita, un’alternativa, cioè la possibilità di affrancarsi dalla sofferenza. E’ a causa di questo che la realizzazione della nostra natura di sofferenza diventa fondamentale. Se ciò non fosse, se non esistesse la speranza o la possibilità di affrancarsi dalla sofferenza, la pura riflessione sulla sofferenza sarebbe una forma di pensiero morboso e particolarmente negativo.

Per liberare noi stessi da una intensa sofferenza futura, ci spinge ad adottare un atteggiamento che permetta di affrontare le fatiche immediate necessarie a questo fine più elevato. Siamo consapevoli del fatto che, mentre nella nostra vita i fattori e le condizioni che causano pena e sofferenza sono molti, le condizioni che potrebbero generare gioia e felicità sono rare. Perché è questa la realtà della nostra esistenza, ha molto più senso adottare un atteggiamento che permetta un notevole livello di tolleranza.

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