Comprendere la natura dolorosa dell’esistenza

Scritto da admin il 21 ago., 2009, su GOOD LIFE LAB

Qualunque cosa mi accada non devo disturbare la mia felicità mentale; se sono reso infelice, non potrò realizzare quanto desidero e le mie virtù tramonteranno. (Shantideva)

Dalai Lama ci insegna che la riflessione sulla sofferenza è molto importante perché esiste una via d’uscita, un’alternativa, cioè la possibilità di affrancarsi dalla sofferenza. E’ a causa di questo che la realizzazione della nostra natura di sofferenza diventa fondamentale. Se ciò non fosse, se non esistesse la speranza o la possibilità di affrancarsi dalla sofferenza, la pura riflessione sulla sofferenza sarebbe una forma di pensiero morboso e particolarmente negativo.

Per liberare noi stessi da una intensa sofferenza futura, ci spinge ad adottare un atteggiamento che permetta di affrontare le fatiche immediate necessarie a questo fine più elevato. Siamo consapevoli del fatto che, mentre nella nostra vita i fattori e le condizioni che causano pena e sofferenza sono molti, le condizioni che potrebbero generare gioia e felicità sono rare. Perché è questa la realtà della nostra esistenza, ha molto più senso adottare un atteggiamento che permetta un notevole livello di tolleranza.

La sofferenza è parte della nostra realtà, un fattore della nostra esistenza, è qualcosa che dobbiamo subire, che ci piaccia o meno. Dovremmo fare nostro anche un atteggiamento che ci permetta di tollerarla in modo da non esserne afflitti con tanta intensità mentale, e se non raggiungiamo tale livello di tolleranza, la nostra vita sarà triste. Quando non riusciamo a dormire, la notte sembra eterna e senza fine; in egual modo, se non si adotta un atteggiamento che permetta di sopportare la sofferenza, la vita sarà più triste.

Ad esempio, quando si cresce in un ambiente privilegiato con ricchezze materiali e senza difficoltà, ci si vizia: fino al punto che, spesso, il grado di tolleranza delle difficoltà è così basso che non si riesce ad affrontare nemmeno il più piccolo problema.

In alcune persone la sofferenza e il senso di impotenza si tramutano in una sorta di decadente senso di superiorità verso i comuni mortali. Così il soffrire diviene paradossalmente quasi una caratteristica da esibire e quindi una resistenza al cambiamento.

Non solo è importante riflettere sulla sofferenza, ma che se ne trae anche grande beneficio. La riflessione sulla sofferenza ha enorme importanza perché solo se si riconosce la sua natura è possibile generare un autentico desiderio di cercare la libertà da questa schiavitù.

Bisogna riflettere non solo sulla sofferenza dovuta a occasioni immediate e ovvie, ma anche sull’esistenza come partecipe della natura della sofferenza e dell’insoddisfazione.

Fino a quando un individuo è sotto l’influsso delle delusioni, si trova in uno stato di sofferenza e insoddisfazione. Possiamo così considerare le normali sofferenze come il dolore, le fatiche, le offese e così via come forti messaggi della natura fondamentalmente insoddisfacente della nostra esistenza.

La difficoltà stessa di vivere può diventare davvero l’unica cosa che tiene in vita alcuni individui. (A.Polgar)

Quando ci lamentiamo delle fatiche, del dolore e della sofferenza, in un certo modo dovremmo essere grati di ciò, perché, idealmente, la nostra esperienza si accresce anche meditando sulla sofferenza; e se questo non accade, il nostro stesso corpo ci ricorda dell’insoddisfazione dell’esistenza.

Abbandonare un proposito elevato per uno scopo minore non è un atteggiamento saggio; piuttosto è atteggiamento del saggio abbandonare una cosa minore per raggiungere un obiettivo più elevato. Un proverbio tibetano dice che si dovrebbe essere in grado di lasciare andare cento per ottenere mille.

Dobbiamo essere in grado di sacrificare una cosa minore per amore di uno scopo più elevato, ma noi non continuiamo a dubitare di avere realmente la capacità di farlo, e possiamo sentirci scoraggiati e demoralizzati. Qualsiasi cosa si tratti non bisogna sentirsi scoraggiati o demoralizzati perché, attraverso una continua familiarità e l’esercizio costante, è sempre possibile rendere tutto più semplice e più accettabile.

Non c’è assolutamente nulla che non sia reso più facile dalla conoscenza. Così, attraverso la familiarità  con piccoli dolori, dovrei imparare ad accettare con pazienza maggiori sofferenze. (Shantideva)

Quando si affronta una particolare attività o una pratica, all’inizio ci si può scoraggiare, ma con una costante dimestichezza e grazie al rafforzamento della propria determinazione, è possibile rendere tutto più semplice. Questo non significa che la pratica in sé sia diventata più facile, quanto piuttosto che l’atteggiamento e lo stato mentale dell’individuo le si siano avvicinati.

Noi abbiamo una naturale tendenza a non tollerare la sofferenza e il dolore. Ma grazie alla contemplazione sulla natura della sofferenza e sulla possibilità di cambiare il nostro atteggiamento con un allenamento continuo, possiamo ridurre tale avversione cosicché il nostro rapporto con la sofferenza sia meno intollerante.

Concentriamoci sulla natura della sofferenza della nostra vita pensando al cambiamento istantaneo, cioè al fatto che tutto è in movimento e mai immobile.

La sofferenza non compare solo quando si è frustrati per le proprie pene, per il proprio corpo. La cosa da fare è andare in profondità e liberarsi della vera causa dei problemi. Cominciamo col pensare al cambiamento continuo e alle sue cause, e poi considerate il samsara e i suoi difetti. (nel Buddhismo il termine samsara, dal sanscrito “scorrere insieme”, indica il ciclo di vita, morte e rinascita).

In alcuni casi, le persone celano nel proprio intimo forti sentimenti di ira e dolore, dovuti a qualcosa che è stato loro fatto in passato, un abuso o altro, e li reprimono continuamente. A questo proposito, un proverbio tibetano afferma che se nella conchiglia del mollusco c’è una malattia, la puoi fare sparire soffiandola fuori. In altri termini, se qualcosa ostruisce la conchiglia del mollusco, soffialo via, ed essa tornerà libera da impedimenti.

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