L’eredità delle emozioni, delle paure, dei conflitti e dei desideri

Scritto da Dario Urzi il 23 giu., 2015, su Senza categoria

Desidero riprendere a parlare di genealogia dopo aver tanto lavorato su me stesso e con tante altre persone in modo molto pratico, incontrando ed esplorando direttamente  il nostro grande albero genealogico e la sua storia con modalità molto simili, e in molti casi corrispondenti, a quelle che si utilizzano nelle costellazioni familiari.

Voglio iniziare ponendo una domanda:
“Come è possibile che giungano sino a noi, insieme al nostro patrimonio genetico, anche le emozioni e le passioni, le gioie e i dolori, le ansie e le paure, le rinunce, i rimpianti e i desideri non solo di nostra madre e di nostro padre ma anche di tante altre persone che ci hanno preceduto nella vita su questa terra e che nel loro insieme formano il grande albero della nostra genealogia?”.

Se riteniamo che ciò non sia possibile non è il caso che continuate a leggere questo post.

Se invece ritenete che una domanda del genere abbia un senso allora vale forse la pena di avventurarsi nella lettura delle righe successive.

Su senso segreto delle domande ci illumina Heidegger: “Non sempre una domanda chiede una risposta. Spesso chiede solo di essere dispiegata, affinché ceda quello che ha di più essenziale e dischiuda i riferimenti che si aprono quando ci si appropria di ciò che segretamente custodisce. La risposta è infatti solo l’ultimo passo del domandare. E una risposta che congeda il domandare annienta se stessa come risposta e non è quindi in grado di fondare alcun sapere, ma solo di consolidare il mero opinare”.

Porre una domanda ha allora il senso di invitarci, molto prima di trovare una risposta, a mettere la testa fuori dalla nuvola delle nostre convinzioni, ad allargare lo sguardo e a disporci all’ascolto di quanto accade in ogni istante della nostra vita.

Allargando lo sguardo e disponendoci ad ascoltare, quietamente e in silenzio, tutto quanto ci è dato di vedere, sentire e percepire, possiamo almeno per qualche istante evitare di rifugiarci nell’incredulità del nostro stupore o nel bunker della nostra resistenza e della nostra paura di fronte alla meraviglia e alla ricchezza del nostro essere e dell’apparire di ciò che appare.

Lasciamoci allora illuminare, animati da questa nuova consapevolezza e da questa ariosa disponibilità all’ascolto, dal segreto delle domande di Marina Borruso:

“Come immaginate di essere stati generati, come immaginate che abbiano fatto l’amore i vostri genitori quel giorno? Era felice nostra madre? Era amata? Era spaventata? E nostro padre? Pensavano a un figlio oppure temevano un figlio? Stavano cercando da tanto tempo di averne uno? Era un momento facile? Era troppo presto o ci hanno atteso a lungo? E la relazione tra i nostri genitori era serena? Si amavano e ci desideravano? Quando hanno saputo che stavamo arrivando, come ha accolto la notizia ognuno di loro? Hanno pensato che forse non era il momento giusto? Hanno forse considerato la possibilità di non averci? Di abortire? Hanno cominciato a immaginarci, a desiderarci? Desideravano un figlio del nostro stesso sesso? Cos’è accaduto nella nostra famiglia in quei nove mesi? Com’era la salute di nostra madre in quei nove mesi? Com’è stato il parto? Lungo, rapido, doloroso, pericoloso? Nostra madre era cosciente? Era spaventata? Ha sofferto? Siamo nati in ritardo o in anticipo o forse prematuri? Siamo nati con il cordone ombelicale intorno al collo? Siamo usciti con i piedi? Con un taglio cesareo? E’ stato un parto lento o rapido? Ci hanno separato subito da lei o siamo stati abbracciati e accolti in quel momento in cui avevamo superato insieme una prova così difficile, in un momento nel quale tutto era così freddo e il nostro corpo dolorante era per la prima volta pesante e solo e tutto era così nuovo? E se siamo stati separati per quanto tempo lo siamo stati? Cos’è accaduto quando hanno saputo di che sesso eravamo? Siamo stati una delusione? Siamo stati allattati e per quanto tempo? E nostro padre era felice, era spaventato era presente od assente dagli avvenimenti del parto? E le famiglie?”.

Ma qui siamo solo all’inizio del domandare, solo all’ingresso dell’immenso e luminoso spazio del domandare. Per conoscere ed esplorare questo spazio non possiamo limitarci a guardare rimanendo fermi sulla soglia; dobbiamo entrare, incamminandoci in quello spazio nella pienezza del nostro essere e della nostra disponibilità a vedere e ad ascoltare, a scoprire e ad incontrare. Ma per far questo dobbiamo essere davvero pronti a varcare la soglia e a porci, passo dopo passo, la “giusta” domanda. E la domanda arriva come un lampo, all’improvviso.

E’ proprio questo il segreto della domanda, della domanda “giusta”, che è poi quella sola domanda che ci permette di scoprire, nonostante il nostro stupore e la nostra incredulità, di possedere già una risposta da sempre custodita nel cuore del nostro essere e nello spazio, profondo come un abisso, della vita e dell’essere di chi, prima di noi, ha segnato il nostro cammino su questa terra e ha reso possibile la nostra esistenza.

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